
Scrittura come terapia - Unsplash - mentiscura.com
Scrivere può trasformarsi in una vera e propria terapia, aiutando a fare luce nella propria interiorità attraverso le parole
Ogni volta che cerchiamo le parole giuste per descrivere come ci sentiamo va a finire che non le troviamo mai.
Perché capita? Perché le parole non possono essere suddivise in giuste e sbagliate. Per esempio, ripensate alla giornata di ieri e agli avvenimenti principali che sono accaduti nelle ultime 24 ore e provate ad estrapolare delle parole chiave. Queste parole da sole potrebbero non significare nulla, ma insieme riassumono un vissuto: colazione, lavoro, fretta, ansia, amici, stanchezza.
Scrivere nero su bianco parole apparentemente scollegate tra loro può aiutare ad esternare e buttare fuori quello che è un vissuto che altrimenti rischierebbe di appesantirci. Questo esempio ovviamente è banale, ma ben rappresenta quanto le parole possano assumere valore non tanto in base al loro significato sintattico ma simbolico ed emotivo.
Oggi, vogliamo parlarvi dell’efficacia terapeutica della scrittura, analizzando alcuni studi autorevoli condotti in ambito psicologico e suggerendovi alcune tecniche di scrittura che potete sperimentare su voi stessi.
Scrivere per mettere distanza tra noi e ciò che sentiamo
In Psicologia spesso può risultare benefico trascrivere un avvenimento traumatico su carta. Rielaborarlo a proprie parole, scrivere in modo libero e incontrollato senza curarsi di sintassi e grammatica, può risultare liberatorio e benefico.
L’efficacia della scrittura in questo caso risiede nella distanza psicologica che si riesce a frapporre tra noi e l’evento traumatico grazie alla tecnica della scrittura. Nel momento in cui scegliamo le parole con cui raccontare, le vediamo nero su bianco, improvvisamente quello che proviamo prende forma al di fuori di noi e questo assicura una distanza psicologica molto potente ed efficace.
Questa distanza ci permette di osservare da lontano il problema e disattivare il carico emotivo che ci teneva prigionieri fino a poco prima. La sensazione che regala è molto simile a quella del sollievo.
Molte volte risulta ancora più benefico scrivere tutto ciò che si prova su un foglio e stracciarlo, per aumentare questo senso di sollievo e liberazione.
La carta non giudica mai
Spesso capita che le persone che hanno subito un trauma fatichino a parlarne con amici e familiari, e che mostrino delle resistente anche con il proprio terapeuta.

Questo capita a causa della possibilità di sentirsi giudicati dall’interlocutore , per la paura di non essere capiti come vorremmo. Ecco quindi che molte vittime non riescono a lasciarsi andare ed essere onesti riguardo a come si sentono.
Carta e penna in questo caso sono delle alleate fedeli perché non possono giudicare. Sono lì per noi quando abbiamo bisogno di “parlare” senza osservarci o giudicarci.
Su un foglio bianco possiamo scrivere ciò che proviamo anche quando ci sembra sbagliato, quando pensiamo che gli altri non potrebbero capirci. Si possono scrivere cose che non avremmo mail il coraggio di dire ad alta voce, nemmeno a noi stessi allo specchio.
James Pennebaker: il primo a credere nel potere delle parole
James Pennebaker, professore dell’Università del Texas, ha provato sulla sua pelle i benefici della scrittura come terapia e ha deciso di studiarne l’effettiva efficacia nel trattamento di patologie.
Lui stesso ha sofferto di depressione e si è accorto che, scrivendo della sua vita, di come si sentiva e delle emozioni che stava provando, quel vuoto che avvertiva dentro di lui, piano piano si colmava.
La sua ricerca lo ha portato ad analizzare gli scritti di interi gruppi di persone, a cui chiedeva di raccontarsi nero su bianco per 20 minuti al giorno, 3 giorni consecutivi.
I risultati dello studio hanno messo in luce importanti scoperte ovvero che scrivendo le persone riuscivano a parlare più liberamente dei propri traumi, abbassando le difese ma soprattutto che continuando a buttare fuori il proprio vissuto attraverso la scrittura vi era un concreto miglioramento a livello psicologico ed emotivo.
«Fermare con le parole un’esperienza dolorosa offre una nuova prospettiva, utile a trovare un significato proprio in ciò che ci disturba. La scrittura espressiva aiuta ad avere una visione più chiara delle esperienze vissute, liberando la mente dal pensiero fisso che girerebbe, diversamente, attorno a esse in modo costante.”
Scrivere, quindi, vuol dire anche fermare il tempo, diventare più consapevoli del suo scorrere ma non esserne più trascinati, in qualche modo vuol dire riuscire a diventare consapevoli dell’istante che stiamo vivendo.
I 15/20 minuti di scrittura per Pennebaker sono fondamentali per provare sollievo e consiglia di scrivere di eventi emotivamente significanti ma anche di piccole cose quotidiane senza preoccuparsi dell’apparente irrilevanza degli eventi: tutto ciò che facciamo nella vita ci definisce in qualche modo anche le cose più piccole.
L’esercizio di scrittura di Pennebaker per sentirsi meglio
Per provare sulla tua pelle quanto possa essere efficace la scrittura come terapia, ecco un esercizio di scrittura ispirato agli studi di Pennebaker che può aiutarti a percepire l’effettiva efficacia della scrittura come metodo di terapia.
Esercizio di scrittura emozionale di Pennebaker
- Imposta un timer per 20 minuti.
- Apri il tuo computer o prendi carta e penna
- Avvia il timer e comincia a scrivere delle tue esperienze emotive della settimana scorsa, del mese o dell’anno passato.
- Non preoccuparti della punteggiatura, dell’eleganza del testo o della coerenza.
- Segui la tua mente e i tuoi pensieri, senza preconcetti o limiti.
- Scrivi per te stesso e non per un eventuale lettore. Ripeti questo esperimento per alcuni giorni.
- Butta via il foglio di carta su cui hai scritto o cestina il documento, non dovrai rileggerlo mai più.
Possiamo dire che tutti noi impariamo a scrivere fin da piccoli, ma spesso non ci rendiamo conto di quanto possano essere potenti le parole, quanto possano farci bene a prescindere dal significato che custodiscono o che possono avere per gli altri.
Ogni parola che decidiamo di scrivere sul foglio è una torcia puntata dritta all’interno di noi stessi, in quel buio che spesso non sappiamo neanche di avere.